ma li vive come un'unica manifestazione emotiva. In certe condizioni infatti l'aggressività può trasformarsi in rabbia e la rabbia in violenza e quando nella persona queste trasformazioni diventano automatismi inconsapevoli anche i sentimenti si confondono e perdono il loro significato profondo ed originario.

 

La parola AGGRESSIVITÀ deriva dal latino «ad-gredior» che letteralmente significa "andare verso". Nel suo significato originario essa sta a rappresentare un movimento verso qualcosa o qualcuno; la sua funzione è quindi quella di muovere la persona verso una meta, un oggetto, un'altra persona, ecc. Alla base di ogni "movimento verso", quindi di ogni aggressione, c'è un bisogno o un desiderio da soddisfare e nei rapporti interpersonali l'aggressività è l'emozione-movimento che ci permette di prendere le cose e gli affetti di cui necessitiamo per il nostro benessere.

La capacità di aggredire l'ambiente è fondamentale anche per la costruzione dell'identità e della sicurezza interiore, in quanto il nucleo portante della nostra identità si costituisce nei primi anni di vita nella relazione con l'ambiente ed il senso profondo di sicurezza, forza e integrità si consolida nel saper chiedere e prendere ciò di cui abbiamo bisogno.

Il neonato ed il bambino manifestano in modo esplicito l'aggressività e la rabbia e di fronte a questi comportamenti spesso noi adulti rimaniamo un po' sconcertati o stupiti, proviamo imbarazzo, invidia, paura, ecc.; questo perché non siamo più capaci di esprimere in modo diretto e chiaro le emozioni, ed ancor meno l'aggressività finalizzata alla soddisfazione dei bisogni (siano essi fame, desiderio di essere abbracciati, prendere il genitore o la persona amata, prendere un gioco o altro).

Siamo troppo spesso abituati a confonderla con la prevaricazione, con il prendere per competere ed avere più dell'altro, prendere per mostrare piuttosto che per soddisfare bisogni profondi, persi in quella dimensione esistenziale assai diffusa nella nostra società in cui l'avere è confuso o considerato sinonimo dell'essere. Nel tentativo di contenere la violenza, la nostra cultura male accetta anche l'aggressività e fin da piccoli impariamo a reprimerla, inibirla o mascherarla; ma l'inibizione dell'aggressività porta alla rabbia (che è l'emozione suscitata dalla frustrazione o dalla proibizione) e la repressione della rabbia (perché considerata ancor più 'pericolosa' dell'aggressività), oltre che portare ad una inibizione anche dell'aggressività stessa porta a rancore (un misto di rabbia trattenuta e di paura), chiusura e spesso alla violenza (da violare = offendere, danneggiare,....).

ESPRESSIONE O REPRESSIONE

Le emozioni possono esprimersi (o non esprimersi) con una gamma di modalità: ad un estremo vi è l'espressione diretta (per es. il bambino che afferra un gioco con forza e decisione e se lo porta alla bocca), all'altro c'è la rimozione, vale a dire il blocco totale e la scomparsa di quel comportamento o atteggiamento indipendentemente dalla situazione relazionale (ad es. il bambino che non prende mai, ma aspetta rassegnato ed implorante che l'adulto gli dia ciò che desidera). Nel mezzo ci sono le varie possibilità di espressione indiretta dell'emozione (ad es. sono arrabbiato con te per un motivo preciso e mi lamento che sto male invece di esprimere la mia rabbia apertamente, perché ho paura di perdere il tuo affetto).

La repressione (intesa come non accettazione) dell'aggressività e la conseguente frustrazione dei bisogni sono quindi tra le principali cause dell'insorgere della rabbia. Anche questa emozione è espressa fin molto presto dal neonato urlando e dimenandosi, quando ad esempio non riceve il latte entro il suo tempo di tolleranza dell'attesa (che varia ed aumenta con i giorni e i mesi) o quando, più grande, gli viene tolto un gioco o impedito di fare qualcosa a cui tiene molto.

<palign="center">Il percorso delle emozioni <palign="center"> 

VERSO L'ESTERNO O CONTRO IL SÉ

Rabbia e violenza possono esprimersi in comportamenti verso l'esterno o, a certe condizioni, essere rivolte contro se stessi. Contro se stessi le ritroviamo ad esempio nella depressione, in alcuni disturbi psicosomatici (quali ad es. gastrite, ulcera, alcuni dolori muscolari a braccia e spalle, ecc.) e, non ultimo, nel cancro, malattia che molte ricerche hanno mostrato essere più diffusa in persone che non esprimono mai l'aggressività e la rabbia piuttosto che in quelle che lo fanno (ciò non significa ovviamente che questa sia la causa del cancro, né che arrabbiandosi apertamente si possa guarire da questa malattia, ma che le modalità espressive di questa emozione rivestono una componente importante).

La violenza rivolta all'esterno la ritroviamo in tante manifestazioni e comportamenti purtroppo sempre di attualità. A dimostrazione della continuità tra il funzionamento del singolo individuo e la dimensione sociale, vorrei citare Arun Gandhi (nipote di Gandhi, maestro della 'non-violenza'): "L'unica strada per aiutare gli uomini a superare la violenza è di insegnare loro come 'incanalare' la rabbia. Mio nonno diceva sempre che la rabbia è come l'energia elettrica: usata male uccide, usata bene è il motore che aziona mille cose". Come già affermato nell'articolo «Emozioni e benessere», il problema non è se l'aggressività e la rabbia vadano giudicate positive o negative, ma se possono venir provate ed espresse in quelle situazioni in cui insorgono e sono opportune e necessarie. L'aggressività nel senso di andare verso è quindi da considerarsi 'positiva', se con 'positivo' intendiamo avere una finalità costruttiva (quindi di incontro) nella relazione; ciò vale anche per la rabbia 'adeguata' alla situazione, come aggressività forte per far fronte a limitazioni o impedimenti ingiustificati.

Va inoltre ricordato che la rabbia, quando impedita nell'espressione, trattenuta ed accumulata, finisce con l'esprimersi in contesti diversi da quelli in cui è insorta, o verso la persona che non è all'origine della frustrazione (la situazione del padre che viene maltrattato sul lavoro e a casa si sfoga sui figli, anche se ormai entrata nelle barzellette, non è poi così lontana dalla realtà); in questi casi diventa 'negativa', nel senso che non è più finalizzata a costruire qualcosa, ma è rivolta 'contro', costituendo a volte il primo gradino della distruttività e della violenza.

In conclusione e semplificando molto, si può affermare che l'espressione dell'aggressività permette di prendere, di essere forti e di esprimerlo, di farsi spazio nella vita affrontando le difficoltà e gli impedimenti; la rabbia permette di affrontare e risolvere situazioni di sopruso, ecc.. La repressione dell'aggressività e della rabbia porta a riduzione della capacità di prendere, contribuisce al cronicizzarsi dello stress ed al ripiegamento su se stessi, con il conseguente accumulo di rancore, odio e talvolta violenza.

05.10.1998     -    www.bullismo.it  -  www.facchinetti.net 

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