1- La Psicoterapia Funzionale come modello di riferimento.

Il modello della Psicoterapia funzionale guarda l'istituzione come un gruppo ampliato, cioè un organismo-sistema complesso interagente su più piani e più livelli, con molteplici gradi di integrazione e di intersezione tra gli stessi (spesso di disgregazione-sconnessione). Questa visione permette di agire sull'istituzione tanto in modo analitico che in quello psicosociale, superando l'antinomia tra istituito ed istituendo, tra individuo e gruppo.

Il modello della Psicoterapia funzionale fornisce una chiave di lettura che guarda la complessità della persona (SE'), del gruppo (NOI) e dell'istituzione (un NOI sovradimensionato per la pluralità gruppale) come ad un'espansione di un nucleo originario le cui funzioni vanno via via aumentando e diversificandosi nei processi di adattamento che si rendono necessari per vivere nella realtà. Il mantenimento di una identità di fondo del gruppo o della persona è riferibile al livello di integrazione delle varie funzioni operanti nel SE' o nel NOI. Queste funzioni, costituite già nel nucleo originario, si sviluppano nella loro complessità secondo quattro grandi aree, che analogicamente a quanto avviene nella persona (Rispoli L. - Andriello B., Psicoterapia corporea ed analisi del carattere, Bollati Boringhieri, 1988) si possono riferire anche al gruppo, già inteso come organismo da Foulkes (Introduzione alla psicoterapia gruppoanalitica, E.U.R., 1983).

Le quattro aree (emotiva, cognitiva, posturale, fisiologica) si precisano in sottoaree funzionalmente interconnesse e che vanno a costituire nel loro insieme l'identità funzionale del gruppo:

  • Nell'area EMOTIVA del gruppo si collocano i sentimenti variamente sfaccettati e stratificati nei diversi ruoli delle singole persone (paura, tenerezza, aggressività, rabbia, gioia, ecc.), le motivazioni, l'espressività, la rete di relazioni con le sue combinazioni.
  • Nell'area COGNITIVA vi è tutto ciò che appartiene al razionale, al simbolico, all'immaginario (rappresentazioni, ideazioni, fantasie, ipotesi, progetti), alla consapevolezza, alla volontà (decisioni, proposte, ecc.), alla memoria.
  • L'area FISIOLOGICA è costituita dalla struttura organizzativa, dalle operazioni e dal loro svolgersi, dallo stile di lavoro, dall'atmosfera, dall'età evolutiva, dalla formazione e dalla professionalità delle persone, dai linguaggi, dal passaggio delle informazioni, dalle sensazioni, dalle appercezioni e dalle percezioni con le loro soglie.
  • Nell'area POSTURALE si ravvisano la costituzione dello spazio e la sua configuarazione, l'articolazione dei sottogruppi, i punti di tensione (vicinanza-lontananza-fusione), l'agito (cosa fanno le persone), i movimenti e la loro tipologia (volontari-involontari, lenti-veloci, rigidi-mobili, forti-deboli, duri-morbidi, ...), i programmi.
L'assunzione di questo modello interpretativo apre all'impiego di
  • a) un'osservazione "oggettiva" del gruppo attraverso l'uso di opportune griglie di lettura verificabili;
  • b) un'osservazione "soggettiva" (analisi controtransferale nei vari piani del SE') che concorre a validificare nell'operatore il senso di realtà e di presenza personale nelle varie aree in cui si porta l'intervento, strumento essenziale col quale poter avvertire la relazione con il gruppo nel suo insieme e poter determinare la propria presenza in termini di SE' ausiliario alle funzioni non ancora sufficientemente sviluppate o rafforzate nel gruppo;
  • c) una costruzione di progetti che attraversino tutte le aree e sottoaree del gruppo.
2 - L'utilizzo del gruppo come strumento operativo di cambiamento.

L'utilizzo del gruppo come strumento di cambiamento ha due particolari valenze che vanno sottolineate:

  • a) Trattandosi di portare questo progetto in area adolescenziale, ci si prefigge di rafforzare l'identità personale attraverso il passaggio dalla caratteristica dipendenza-controdipendenza gruppale (con i suoi contenuti di negatività, estraneità, esclusione, esclusività, infatuazione, isolamento, ecc.) alla valorizzazione di sé e del gruppo come propositività, assertività, protagonismo, operatività. In questo modo si favorisce la diversificazione, si mobilizzano i ruoli, integrando le funzioni e le risorse personali, complessificando le relazioni e intersecando i progetti, assumendo i vincoli (Malagoli T. M. - Rocchietta T. L., Il gruppo-classe, N.I.S., 1990) per andare oltre le resistenze personali e del gruppo e per non incentivare le forme conflittuali ed i processi disadattivi.
  • b) Partendo da un'istituzione e trovandosi ad operare come interlocutori di altre istituzioni più o meno formalizzate e strutturate, il contesto istituzionale rientra nella lettura di un gruppo-organismo più ampio. Bisogna tenere in considerazione questo contesto nelle sue risorse e nei suoi vincoli che sono da integrare con il singolo gruppo sul quale si porta l'intervento. I fattori istituzionali di resistenza o di facilitazione al cambiamento non vanno né sottovalutati né tantomeno negati rispetto anche ad una limitata esperienza che si sta svolgendo in un gruppo più ristretto della stessa istituzione (es.: gruppo-classe).
3 - La progettualità come area d'intervento e di ricerca (laboratorio).

Dal punto di vista delle operazioni che si vanno a compiere, si cercano modalità e tecniche d'intervento che mantengano e sviluppino le varie funzioni della persona e del gruppo, integrandole tra di loro; che mobilitino ed appoggino quelle che si inseriscono in progetti che, dall'assunzione del presente, proiettino le persone con immaginazioni, ipotesi, proposte verso il futuro. Così si costruisce un continuum di rinnovamento aperto a nuovi vincoli e contratti continuamente verificati nella loro realizzazione: vero e proprio laboratorio per costruire compiti sugli obbiettivi condivisi (Lo Verso G - Ruvolo G., Gruppo-analisi, organizzazioni ed istituzioni. Il gruppo: una prospettiva dinamica e clinica, Giuffré, 1989).

Anche le situazioni di bisogno, espresse in termini di urgenza (es.: "il caso" difficile in classe) con cui spesso viene avvicinato il gruppo di lavoro, vengono affrontate in un'ottica che, accogliendo lo stato di necessità ed eventualmente rinviandolo nelle sedi più appropriate (prevenzione secondaria), le utilizzi come il filo rosso di una manifestazione reattiva ad un cambiamento che va innestato in aree più integrate nel gruppo: ruoli inconsueti, linguaggi e comunicazioni inascoltati, informazioni rimosse, contatti non percepiti, idee trascurate, movimenti ignorati, spazi non occupati, ecc.

La situazione problematica, pertanto, non viene accantonata, ma utilizzata: molto spesso sarà sufficiente rinforzare un piccolo movimento, andare oltre un'atmosfera emotiva pervasiva, ecc., per poter agganciare propositività ed immaginazioni espansive su cui cooptare le persone. La progettualità diventa, allora non mero esercizio intellettuale, ma il momento ed il luogo qualificante della vita di gruppo il quale rende sinergeticamente disponibili le proprie conoscenze, movimenti, fantasie, emozioni, energie verso obbiettivi in parte comuni, salvaguardando l'identità di ciascuno, potendone diffferenziare e diversificare il contributo e l'adesione con una manifesta affermazione delle proprie istanze.

4 - Il lavoro esperienziale come momento qualificante da collegarsi alla definizione-assunzione-realizzazione del compito.

Il coinvolgimento in un progetto è sempre contrassegnato da un passaggio, non privo di ansia e di incertezza, ad operazioni decisionali, a giochi su nuove regole di cui il conduttore è sollecitatore e provocatore: "Cosa si potrebbe fare per ...?" "Come si potrebbe portare avanti questa idea, questa fantasia, ...?" ecc. In questo modo favorisce il "tu puoi" indispensabile a riportare la responsabilità delle scelte al gruppo e poi a definire e distribuire precisi compiti che vanno a caratterizzare l'esperienza e l'aspetto del fare, necessario al conseguimento di risultati (livello di produttività). Il vissuto esperienziale si apre per mettersi in relazione col mondo in modo selettivo attraverso tutte le mediazioni del sentire e del conoscere-riconoscere. (Napolitani D., Individualità e gruppalità, Boringhieri, TO, 1987, pp. 27 e sgg.).

La sperimentazione di un'esperienza progettuale passa quindi dalla elaborazione di processi simbolici individuali (pensieri, fantasie, idee,sogni), al riconoscimento di un'area comune gruppale (rappresentazione ed immaginazione del gruppo progettuale), che immette nell'accomunamento spazio-temporale delle circostanze "storiche" (per cui si è insieme in quel modo ed in quel tempo), dei compiti ancorati emotivamente all'identità dei singoli. Ciascuno è valorizzato suddividendo il lavoro senza processi di scissione, poichè la decisionalità è riportata sempre all'interno del gruppo stesso.

Il rifiuto, la resistenza, il sabotaggio, la fuga dai compiti (una volta elaborata e talvolta selezionata, laddove è necessario, l'adesione al gruppo), sono utilizzati per orientarlo, non tanto all'analisi del transfert negativo in atto, quanto verso la funzione emotiva (da integrare nella relazione) necessaria per andare a cogliere ed evidenziare desideri emotivi profondi che spingono oltre il conformismo ed i ruoli affettivi istituzionali e convenzionali che si richiamano alla propria storia familiare (Fornari F. "Gruppo e codici affettivi", in AA. VV., Il cerchio magico, F. Angeli, Milano, 1987). L'avvenuto passaggio è spesso comunicato semanticamente con espressioni di stranezza, stupore, curiosità, inconsuetudine.

5 - L'impiego di un coordinatore esterno al Servizio.

L'impiego di una figura esterna, soprattutto in campo istituzionale come coordinatore del progetto, tende a garantire la realizzabilità dello stesso. Infatti i progetti e gli interventi a carattere preventivo richiedono una discreta energia in termini di tempi e di operazioni da compiere, fin dalle fasi iniziali del loro avvio, e danno risultati percepibili solo in termini medio-lunghi. In tal modo l'operatore del servizio si trova a svolgere un lavoro suppletivo che si aggiunge alle attività di consulenza e di terapia: accade quindi spesso che vengano iniziate delle attività preventive con molto entusiasmo, ma che poi esse vengano lasciate cadere di fronte alle prime grosse difficoltà e frustrazioni.

La presenza di una figura esterna, il cui ruolo è proprio quello di portare avanti il progetto, oltre ad essere una risorsa in più, permette di affrontare questi momenti critici e di calo di interesse, evitando così l'arenarsi del progetto stesso.

Strettamente collegata a questa, vi è un'altra funzione che l'esperto esterno può svolgere ed è legata al fatto che, in quanto esterno al gruppo di lavoro, si trova in una posizione di osservatore che può meglio comprendere il significato istituzionale dei movimenti del gruppo di lavoro, nonchè i movimenti interni, le dinamiche tra i singoli operatori (alleanze, conflitti, rivalità, invidie, gelosie, leadearship, ecc.). Diviene così possibile utilizzare in senso propositivo le dinamiche di gruppo, integrando ed adattando gli obbiettivi del progetto con le esigenze ed i desideri dei singoli partecipanti.

In conclusione il coordinatore esterno, separando da quello col compito il conflitto relazionale, che catalizza e sposta su di sé, propone dei movimenti di cambiamento ancorati ad aree espansive del gruppo e mirati al progetto stesso. Proprio il ruolo di "esperto" dà al conduttore l'opportunità di esercitare in senso autorevole una spinta al cambiamento nella sua posizione priviligiata di osservatore partecipe di un momento regressivo che sempre s'instaura nella costituzione di una nuova relazione gruppale che ne evidenzia tutti i punti di scissione (Anzieu D., Il gruppo e l'inconscio, Borla 1986). Questo ruolo di "esterno" viene poi esercitato dal gruppo di lavoro del Servizio o dai suoi singoli membri una volta a contatto ed inseriti nell'avvio di altri progetti.

6 -L'assunzione di consapevolezza e responsabilità come il luogo di sviluppo e di crescita (prevenzione ed autonomia).

La prevenzione è intesa come assunzione di consapevolezza, responsabilità e corresponsabilità nei momenti di cambiamento per poter acquisire e mobilizzare nel processo di adattamento risorse strumentali necessarie allo sviluppo ed alla crescita personale, indirizzate verso una sempre maggior autonomia delle proprie funzioni. Sotto l'aspetto interattivo questo sviluppo si estrinseca come aumento di contrattualità e di ridifinizione di strumenti, contenuti, strategie, mete (compresi i progetti) anche nei confronti dei servizi sanitari e la partecipazione ad un gruppo ne dà risonanza e ne amplia il significato e la forza.

Nell'attuazione si possono distinguere varie fasi:

  • A. - Contatto, conoscenza ed accoglimento del tratto caratteriale del gruppo, spesso evidenziato anche nel malessere portato agli operatori del servizio psicosociale (riferito spesso proprio ad un determinato gruppo): ciò che non va, insoddisfazioni, mancati obbiettivi, brutto clima, improduttività, problemi, disinteresse, apatia, dispersione, inutilità, confusione, aspettative generiche, ecc.
  • B. - Valendosi del vantaggio dato sia dalle particolari aspettative di un primo rapporto (regressione primaria), sia dall'entusiasmo iniziale, si ha la possibilità di rilanciare subito con autorevole efficacia le funzioni immobilizzate nel tratto caratteriale e sorreggerle con direttività, collegandole a scopi comuni che possano far valere i vantaggi anche rispetto a ciò che non va, passando a proposte ed indicazioni di compiti proporzionate a livelli di autonomia e di integrazione del gruppo stesso.
  • C. - L'evidenziarsi di nodi conflittuali in relazione ai compiti comporta la rinegoziazione degli scopi, del progetto, dei compiti stessi, modificando la struttura relazionale del gruppo che mette in luce la negatività spesso presente nelle dinamiche interne. E' questa la fase in cui la figura esterna od il conduttore si fa carico come SE' ausiliario (dopo aver spostato su di sé la negatività del gruppo) delle funzioni ancor deboli ed incerte, sorreggendole emotivamente ed insieme con strategie d'intervento simili ad un prender per mano e ad un suggerire, ma soprattutto coglie ed appoggia quei piccoli movimenti costruttivi non irrigiditi nei ruoli fissi presenti nel gruppo.
  • D. - Rafforzati gli atteggiamenti, le mansioni, i ruoli inusuali, si può rinegoziare il progetto, ridefinire le modalità operative, guardare alla costruzione di possibili risultati produttivi da formalizzare o da far valere verso l'esterno, utilizzando consapevolmente anche altre figure ed aprendo il gruppo all'esterno.
  • E. - Costruzione di un prodotto collegato al progetto nel suo insieme o ad una sua parte come oggetto comune di identificazione, passibile di scambi con l'esterno e di una verifica quantitativa e qualitativa al suo interno.
  • F. - Autonomia del gruppo od utilizzazione diversificata dei vari operatori e dei servizi con possibilità di intersezione e di reciproche integrazioni di risorse e dei progetti.
  •  
7 - Ausiliarità dell'équipe del progetto rispetto alla progettualità dei gruppi delle persone esterne.

Più volte si è accennato all'ausiliarità come modalità essenziale del contributo dell'èquipe del progetto o del coordinatore all'interno della stessa per lo svolgimento dell'attività di prevenzione. Essa va ad operare su quelle funzioni che sono da valorizzare, far crescere, rinforzare, attivare, potenziare e mantenere integrate in tutti i piani del SE' come sviluppo della persona. Opera a tal fine in due direzioni: salvaguardando la struttura difensiva, ma riportando sull'operatore le spinte disgregative e distruttive evidenziate nella struttura caratteriale (Reich W., Analisi del carattere, Sugarco, 1973) presente anche nel gruppo; supportando attivamente l'emergere di tutti quegli spunti operativi, aspetti ed atteggiamenti propositivi che sono connotati e correlati ad emozioni positive.

La necessità di assumere questa ausiliarità e gli strumenti non solo interpretativi ed informativi da parte del gruppo di operatori comporta all'interno del gruppo di lavoro il superamento della conflittualità interna, unitamente all'individuazione di una propria autonomia progettuale anche rispetto all'istituzione promotrice ed allo stesso coordinatore. Per questo nella prima fase dell'attuazione del progetto e durante tutto il suo svolgersi si è reso il gruppo stesso un vero e proprio laboratorio, strumento indispensabile alla realizzazione esterna dello stesso.

CONCLUSIONI E VERIFICHE

Il progetto preventivo così impostato , dopo un primo anno teso a dimostrarne la realizzabilità e superata anche la fase sperimentale, ha chiuso il secondo anno e si avvia (nell'anno 1993) al terzo con una serie di obbiettivi e risultati raggiunti così sintetizzabili quantitativamente e qualitativamente:

  • a) Espansione quantitativa del progetto che ha raggiunto al presente otto sedi istituzionali e 41 gruppi diversi.
  • b) Collegamento con altri progetti.
  • c) Attuazione di interelazioni ed integrazioni tra servizi e professionalità all'interno dell'USSL.
  • d) Ritorno di consulenza (prevenzione secondaria).
  • e) Progressiva differenziazione delle richieste e dei contenuti, sempre più mirati allo specifico contesto.
  • f) Richieste precise di formazione.
Espansione qualitativa negli obbiettivi raggiunti:
  • a) Attuazione di un laboratorio sperimentale come gruppo di lavoro sulla prevenzione all'interno dell'USSL.
  • b) Autonomia gestionale di progetti in tre sedi.
  • c) Economia progressiva dell'intervento a seguito dell'utilizzo sempre più funzionale, dopo il rodaggio iniziale, degli operatori, rendendo interscambiabile la presenza degli stessi al di là degli avvicendamenti e delle vicissitudini istituzionali.
  • d) Trasferibilità del progetto in molteplici realtà ed estensione dello stesso nel territorio.
  • e) La trasparenza e visibilità dell'attività professionale degli operatori ha favorito contatti e forme di collaborazione per progetti di prevenzioni tra l'USSL ed altre figure presenti sul territorio: presidi, insegnanti, studenti, genitori, assessori, operatori presso adolescenti.
Restano obbiettivi da raggiungere e sui quali si sta lavorando la realizzazione di interventi nell'area degli adolescenti non studenti e la costruzione di un osservatorio permanente sugli interventi per e sugli adolescenti nel territorio e sulla loro validificazione dei risultati nel tempo. A conclusione di queste riflessioni sul Progetto "Laboratorio adolescenti" è gradito ricordare il significativo contributo dato dal Dr. Facchinetti a proposito dell'inquadramento teorico delle funzioni del coordinatore esterno.
 
3 1.05.1993
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