Possiamo distinguere alcune emozioni di base, quali piacere, dispiacere, rabbia, paura, gioia, tenerezza, che si evolvono in affetti, sentimenti più complessi, sfumano l'una nell'altra e a volte si intrecciano formando quasi dei grovigli inestricabili. L'emozione nasce nella relazione, nel rapporto con l'esterno o con le nostre immagini, ed è la componente principale della nostra reazione agli stimoli ambientali, siano essi provenienti da oggetti, animali, persone o altro.
Il movimento emozionale, in cui si manifesta la profonda unità di psiche e corpo, coinvolge il nostro organismo nei vari aspetti della sua globalità e si esprime ad esempio con: il pensiero logico («mi piace questa cosa perché, mi arrabbio perché ....»), la fantasia (immaginare situazioni, ricordare, fantasticare, ...), l'espressione muscolare (pensiamo alla mimica facciale come forma privilegiata di espressione emotiva, l'atteggiamento del corpo che varia a seconda dell'emozione provata, le tensioni muscolari quando alcune emozioni vengono controllate, ecc.), il sistema nervoso vegetativo (sudori, pallori, battito cardiaco, temperatura corporea, ritmo respiratorio, ecc.), il sistema endocrino, ecc..
Possiamo schematicamente illustrare il percorso dell'attivazione emozionale in questo modo:
stimolo => reazione dell'organismo => emozione => espressione verbale e/o comportamento
Alcune emozioni ci permettono di affrontare le situazioni di pericolo (fisico od affettivo) e di far valere i nostri bisogni, quali ad es. aggressività, rabbia, paura, con i relativi comportamenti di attacco o di fuga, di 'andare verso' o di 'allontanarsi da'; altre emozioni esprimono un movimento più distensivo, un abbandonarsi, quali tenerezza, gioia, piacere, ecc.
In quanto risposta dell'intero organismo all'interazione con l'esterno, non vi sono emozioni buone o cattive, ma emozioni congruenti con gli eventi oppure no, adeguate alla situazione oppure inadeguate e che possono pertanto avere conseguenze non gradevoli.
Molte ricerche hanno dimostrato che la espressione o non espressione delle emozioni è correlata al grado di stress cronico della persona e quindi alla condizione di benessere o malessere. Infatti è proprio l'emozione trattenuta (nei vari modi in cui questo avviene, ad es. attraverso un respiro lieve e superficiale, attraverso la tensione muscolare cronica e l'inibizione del movimento, oppure non riconoscendola a livello cognitivo, ecc.) che comporta una condizione di continua tensione e allarme (stress) che causa malessere ed è fattore concausale di molti disturbi, sia psicoaffettivi che somatici.
Ad es. nella cefalea si incontrano spesso situazioni di dolori muscolari al collo, nella zona cervicale, con forti mal di testa che coinvolgono anche gli occhi, le tempie, ecc.; quasi sempre ciò si accompagna ad una situazione di forte controllo razionale e difficoltà, a volte vera e propria incapacità, di esprimere la rabbia: la persona prova forti sentimenti di rabbia nelle situazioni (ad es. di lavoro, nel rapporto col partner o altro), ma nel suo comportamento prevale la disponibilità, il sorriso, l'arrendevolezza. Quando con l'intervento psicoterapico la persona riesce ad esprimere maggiormente i propri sentimenti di ostilità nelle situazioni in cui insorgono e riesce ad abbandonare un po' il controllo anche a livello muscolare, inizialmente la frequenza dei dolori si riduce (questi insorgono solamente in situazioni precise, dove è possibile coglierne il significato emotivo e relazionale) e poi gradualmente scompaiono (quando si raggiunge una situazione di mobilità espressiva).
Se consideriamo la nostra storia dal punto di vista delle vicissitudini emozionali, possiamo vedere come anche il nostro modo di vivere, sentire, mostrare le emozioni sia il prodotto di un insieme di atteggiamenti acquisiti nella educazione ricevuta e nelle esperienze della vita. Osservando un bambino di alcuni mesi o un anno possiamo notare l'intensità con cui interagisce con l'ambiente: quanta concentrazione nei giochi, quanta forza e decisione nelle manifestazioni di rabbia, quanta tenerezza nell'abbracciare o nel lasciarsi coccolare, quanto abbandono prima di addormentarsi. Il bambino infatti vive la vita (ovviamente quando ciò gli è concesso, vista la sua estrema dipendenza dagli adulti) in modo molto intenso e globale: ciò che pensa è strettamente collegato a ciò che prova, vede, sente, ecc., in una situazione di equilibrio tra sensazione, emozione, pensiero e azione.
Crescendo, con lo sviluppo del pensiero, del ragionamento, della funzione simbolica, della fantasia, le cose si fanno molto più complesse, il bambino si appropria degli atteggiamenti degli educatori e spesso questo equilibrio viene meno: presto impara quali manifestazioni vengono accettate dagli adulti, quali gli è concesso di mostrare e quali no, quali sono i modi con cui può esprimersi, ecc. In questo complesso gioco di desideri, bisogni, permessi, autorizzazioni, divieti, rifiuti, assensi e dissensi, ecc. gradualmente prende forma il carattere di una persona, vale a dire l'insieme dei suoi modi caratteristici e ripetitivi di comportarsi: abbiamo così persone che non si arrabbiano mai (cioè non esprimono mai la rabbia apertamente), persone che ridono molto raramente, persone perennemente impaurite, ecc., proprio perché insieme al carattere, anche le modalità di espressione delle emozioni vengono acquisite nella propria storia evolutiva, nell'educazione, fin da molto piccoli.
In conclusione possiamo senz'altro affermare che vi sono forti tendenze nella società moderna che privilegiano l'aspetto immaginativo della vita, il cognitivo a scapito di altri aspetti, quali gli affetti, le sensazioni fisiche, il contatto umano, la relazione, ecc. Benessere non significa assenza di emozioni forti o dolorose, ma poter vivere pienamente le emozioni congrue alle situazioni di vita, siano esse rabbia, aggressività, tenerezza, paura, abbandono, ecc.. Le emozioni spesso non trovano espressione nella nostra quotidianità, vengono represse oppure ingrandite nell'espressione immaginaria o fantastica; così si riducono di molto la capacità e le possibilità di una vita intensa, di un profondo rapporto umano con le persone e con la realtà esterna, cosa che rappresenta spesso un fattore facilitante o causa esso stesso di disagio, malessere, disturbi di vario tipo o patologie.
01.11.1996 - www.bullismo.it - www.facchinetti.net